I gioiellieri di Sassari che fanno affari in America | News | RR Orafi in Sassari

dic 2017 29

I gioiellieri di Sassari che fanno affari in America

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Un piccolo laboratorio e la scelta di usare il web come vetrina: così la creatività ha innovato la tradizione

Un gioiello d'amicizia. E poi, anno dopo anno, tanti, tantissimi altri gioielli. E un'amicizia sempre più salda. O, date le circostanze e considerati i due protagonisti, sempre più sarda.

È la storia di Rocco Onnis e di Riccardo Dessì due soci, entrambi sassaresi e compagni da una vita. Se non proprio dall'asilo, almeno dalle elementari. I due soci di ferro, che sono oggi le colonne portanti della RR Orafi di Vicolo San Leonardo, nel cuore del centro storico della città. Il creativo, chi progetta, inventa e dà libero sfogo alla fantasia, anche in sogno, come candidamente ammette, è lui, Rocco Onnis, 60 anni: "Sì, difficile dire quando e come scatta la scintilla. Certo i sogni aiutano e con Riccardo noi di sogni ne abbiano fatti tanti, da quando, dopo aver cominciato nel negozio di suo padre, in cui si respirava una lunga tradizione di oreficeria, ci siamo avventurati a Valenza per apprendere l'arte dai maestri valenzani e, al ritorno a Sassari, abbiamo deciso, nel 1983, di aprire la nostra bottega e di darci da fare. Inventando gioielli assolutamente moderni e, in qualche caso, reinventando quelli della tradizione della nostra isola, secondo il nostro gusto e in base, soprattutto, alle tasche della nostra clientela".

Un'azienda-laboratorio, quella che porta le iniziali dei due soci, in cui oggi sono cinque le persone che lavorano e, tra i collaboratori, più attivi e determinati, anche due giovani senegalesi che stanno crescendo alla scuola dei due maestri orafi. Tradizione solo come punto di partenza, quindi? "Direi di sì - tiene a sottolineare Onnis - noi non facciamo prodotti esattamente tradizionali. Affondiamo le nostre radici nella tradizione solo per quanto riguarda la tecniche di lavorazione, utilizziamo anche simboli e riferimenti al nostro territorio, rispettiamo, apprezziamo e lavoriamo anche la filigrana sarda, ovviamente. Ma siamo partiti proprio con idee nuove e con l'intenzione di fare gioielleria moderna. L'artigianato per essere considerato vivo deve innovare continuamente, perciò abbiamo sempre cercato di dare una fisionomia attuale alle nostre creazioni. In buona sostanza cercando di proporre una Sardegna, la nostra Sardegna, sotto forma di gioielli più portabili dalle donne di oggi perché a noi piace utilizzare anche materiali che non siano solo l'oro e l'argento".

E dove sta la vostra piccola rivoluzione d'arte orafa? "I gioielli che ci stanno dando più soddisfazione sono quelli in cui abbiniamo argento e tessuti tradizionali. Argento decorato con motivi tipici usati nella tessitura cui, nella lavorazione, uniamo tessuti della nostra quotidianità come il tessuto cosiddetto bisaccia, con cui si fanno le bisacce dei pastori, conosciuto anche come bertula. E poi anche il broccato, molto colorato e più gentile. Ecco: il mix dei metalli preziosi con la morbidezza del tessuto, sta riscontrando grandi consensi tra i nostri clienti". A proposito di clienti, voi siete su internet con il vostro sito e il portale-vetrina di Artimondo, ma non è difficile proporre e vendere un gioiello nel web? "Diciamo che in rete, dove circola un po'di tutto, non è facile vincere timori e diffidenze. Noi siamo entrati sulla Rete con molta prudenza ma adesso i risultati arrivano. Chi si avvicina all'acquisto online lo fa cominciando, ovviamente, con gioielli non impegnativi, poi, però, quando ha avuto modo di apprezzare, si fa sedurre, alza le sue esigenze. D'altra parte è pur vero che non è cambiata solo la gioielleria in generale ma anche gli acquirenti, che rispecchiano la società d'oggi: c'è chi non bada a spese, e chi invece deve fare i conti con le proprie tasche. Noi ci rivolgiamo soprattutto a questa seconda fascia di clienti e offriamo un prodotto che ha una dignità di stile e di fattura ma ha anche un costo contenuto. Ovviamente non disdegniamo gli acquirenti più facoltosi che arrivano al nostro laboratorio da ogni dove. Negli Stati Uniti, per esempio, grazie ad un felice connubio con un rivenditore sardo che opera nel mercato nordamericano, riusciamo a distribuire e a vendere anche gioielli di pregio".

La lavorazione media di un gioiello? "Dipende dall'oggetto. Le dò dei riferimenti: per una fede sarda, se si parte dal primo step, cioè dalla fusione del metallo, occorrono dalle 4 alle 5 ore. Ma ci sono lavori che possono protrarsi anche una settimana, come quando si deve preparare, per esempio, una cannacea, la tipica catena sarda". E la gioielleria dell'isola che cosa può raccontare ad un pubblico internazionale? "Guardi le sfilate in costume durante la festa di Sant'Efisio: ogni paese ha differenti colori e stili, ma che ciò che accomuna tutti i costumi femminili è la grande quantità di gioielli che l'isola propone. In generale, i gioielli sardi hanno un grande significato e si legano a momenti specifici della vita. Di solito affondano le loro radici nel mito, sono molte le leggende che narrano le loro origini. Quella più famosa racconta che le Janas, le fate della Sardegna pre-nuragica, lavoravano stoffe pregiate e adornate con pietre e monili preziosi, intessendo tra loro fili d'oro e d'argento. E, come si sa, le leggende, come la fantasia, non si possono né si devono imbrigliare. Ecco, questo è un po' il nostro segreto".